domenica 20 maggio 2007

1000 e una scusa!

Chi di voi non si mai inventato una scusa per non vedere una persona? Io ho perso il conto. Ultimamente però attingo sempre più spesso e sempre più a piene mani dalla mia fantasia. Stavolta sono indeciso tra queste due. Sono due diverse risposte alla precisa domanda della signorina: “Quando ci vediamo?”. Graditi consigli.

Scusa 1:
Ho ospiti a casa in questi giorni. Ti chiamo io nei prossimi giorni.

Scusa 2:
Non puoi immaginare cosa mi è successo poco tempo fa. Camminavo tranquillamente per il Viale quando sono stato attratto irresistibilmente da un forte luccichio, giusto sotto un albero. Era una moneta da 100 lire, il caro vecchio conio. Commosso come nemmeno Baldini dopo la vittoria alla maratona olimpica, mi vi appropinquo e mi chino a raccoglierla. In quel mentre, un fulmine a ciel sereno di rara potenza spacca in due il tronco, che inevitabilmente mi crolla addosso. Non solo sono miracolosamente vivo, ma ho anche pochi danni: trauma cranico e spalla destra slogata. Mezz’ora dopo, dall’Ospedale Maggiore distante 500 metri scarsi, arriva l’ambulanza con i suoi abili soccorritori che, nel tentativo di tirarmi fuori, mi incrinano tre vertebre, mi fratturano il femore destro e mi slogano la caviglia sinistra. L’autista è visibilmente obnubilato dai fumi dell’alcool e poco dopo tampona un TIR dicendo di non averlo visto. Si apre lo sportello posteriore e io, immobilizzato sul lettino a carrello e impossibilitato a muovermi, scivolo fuori dall’abitacolo e inizio una folle corsa verso il mare. La gente pensa a uno scherzo e, scansandosi, mi insulta o mi ride in faccia. Con moto uniformemente accelerato giungo al Molo Audace che suo malgrado diventa la mia rampa di lancio. Giunto in fondo, il lettino si stacca da terra e spicca un volo che non si arresta prima di ammarare al largo di Grado. Fortunatamente per me, i recenti tagli alla sanità hanno fatto sì che i lettini delle ambulanze fossero sostituiti con dei materassini da mare. Non tutti i mali vengono per nuocere. Dopo qualche ora di nulla assoluto, vengo avvistato dalla Guardia Costiera. Ma il mare è minaccioso e c’è aria di burrasca. Si scatena una specie di uragano e l’imbarcazione, nel tentativo di salvarmi, affonda. Io sono completamente in balia delle onde e dopo una notte di impetuosa furia gli elementi si calmano. Mi ritrovo nelle acque internazionali al largo della costa brindisina, ma non lo so. Una motovedetta della Guardia di Finanza mi intercetta e mi si avvicina: “Tornatene nel tuo paese, profugo di merda!” – “Sono italiano!”, gli rispondo, ma ho perso i documenti durante la tempesta e non posso dimostrarlo. “Tu sei un albanese di merda che ha imparato l’italiano dalla televisione e cresciuto col mito della Nutella e dei bastoncini Findus. Ora vieni nel nostro paese a rubare nelle ville e stuprare le nostre donne! Sparisci!”. E se ne vanno, abbandonandomi al mio destino. Ore dopo arriva una motovedetta della Capitaneria di Porto di Valona. Uno dell’equipaggio mi urla qualcosa in albanese. Non capisco, ma non sembrano essere complimenti. “Sono italiano!”, gli faccio. “Tu sei un albanese che cerca di abbandonare il suo paese clandestinamente invece di restare e migliorarlo. E ora parli quella lingua di merda che hai imparato dalla televisione per sfuggire alla legge.” E mi arrestano. Prima però mi sbattono in un lazzaretto di Valona per curarmi. In stanza con me c’è il figlio di un noto boss della zona, dedito soprattutto alla “tratta dei clandestini”. In un perfetto italiano privo di articoli mi svela che è lì per un piccolo regolamento di conti finito male per lui, ma peggio per l’altro, e mi confessa che adora il nostro paese, che ha imparato la nostra lingua da Mamma Rai, che Lilli Gruber è il suo sogno erotico ricorrente, che ama la Ferrari, Valentino Rossi e la pizza, anche se la loro è più buona. Mi prende in simpatia e ne approfitto per chiedergli aiuto a tornare in Italia. Lui mi dice che ci sono due modi: uno sicuro (pagare 5000 € o donare un organo a scelta tra milza, rene e pancreas), e uno un po’ più rischioso ma gratuito. Scelgo quest’ultimo, giocoforza. Mi spiega che a Otranto stanno girando un film sull’invasione turca del 1480 e che per rendere le scene più realistiche hanno deciso di far combattere realmente le due opposte fazioni. A rappresentare i “crociati otrantini” sono stati scelti detenuti pluriomicidi delle frange più estremiste della destra ultranazionalista e forcaiola del Meridione tutto, mentre gli invasori maomettani sono costituiti da profughi di varie etnie, religioni, culture e provenienza geografica. Non ho scelta e m’imbarco. A metà viaggio raccolgo tutta la mia impavidità e vado dal comandante della ciurma. “Perché non circumnavighiamo il Salento e approdiamo in Calabria? Certo, è una regione di merda abitata da gente di merda, ma almeno non dovremo combattere!” La mia uscita si rivela subito poco felice. Il tipo, infatti, è originario di Spezzano Albanese, comune calabrese di 7.000 anime. Tutte albanesi! Lui ha avuto un foglio di via per un tragico errore e ora vi sta facendo ritorno. Per punizione ha deciso di farmi uscire per primo dalla nave e lanciarmi addosso ai galeotti all’urlo di “Terroni di merda! Allah è grande e mo’ vi facciamo un culo così!” Siamo quasi arrivati. Ho giusto il tempo di scriverti queste poche righe e rispondere alla tua domanda. Dunque, se tutto va bene e mi danno una nomination come miglior attore non protagonista, possiamo vederci alla Notte degli Oscar dell’anno prossimo, a Los Angeles; se invece non va tutto proprio alla perfezione, ho già disposto di farti recapitare le mie ceneri. Non credo di essere l’Araba Fenice, ma non si mai…

1 commento:

Josechu ha detto...

preferisco quella prima. La seconda é un po' lunga. é una questione di risparmio di tempo. che fatica!!