martedì 21 gennaio 2014

OLD TIME

Quando mi hanno chiesto, di scrivere l’editoriale, per questa uscita speciale de IL PICCOLO, completamente focalizzata  sul Dottor Bergamasco, ho sorriso, ripensando, a quando lo conobbi quel lontano mercoledì. 
Era una classica giornata triestina, datteri e mango facevano da orizzonte alle sperse pozze della Val Rosandra. 
Ranocchi e salamandre riscuotevano successo come saltimbanco alle porte di Via Colonna, ove quasi per caso, amici miei, che sarebbero diventati anche suoi e amici suoi poi diventati tutti molto amici di Ilaria (citazione a quella sporca che si è laureata la settimana scorsa), si incontravano per sedute di lettura che comprendevano :
Il diario segreto di Mick Doohan  (ZAC)
La difficile arte di sopravvivere (Gardel)
Piccoli Stevanin crescono (Dal Forno)
D’Annunzio. Suo rapporto con la Sborra (Matteo Genova)
L’avanguardia  rivoluzionaria non è utopia (Casarsa)
Poesie di Vuk Karazic. (S’ciavi)
Ed un terrone si chiavava sul poggiolo una troia basca che inneggiava alla rivoluzione.

Fu lì che rimasi abbagliato dallo sguardo del Bergamasco, quasi da non riconoscerlo appartenente alla mia stessa specie. Quasi da non credere, che quel suo atteggiamento così accondiscendente,  verso le propensioni all’omosessualità dei suoi compari, fosse conseguenza diretta, del suo aver già precedentemente assistito, alla gustosa mangiata di vomito fatta dal del Zaccomer amico.
A chi non ricorda, quelli furono anni importanti, segnati da improvvisi cambiamenti sulla scena artistico culturale della città giuliana. 
I cinesi si impossessavano di Borgo Teresiano, senza che dalla città provenissero urla di disgusto e disprezzo per la feccia gialla.  
Una città invasa per anni da un aristocrazia balcanica, seria e onesta, veniva presa d’assalto da una marea putrida e oscenamente maleodorante di esseri sottosviluppati provenienti dall’estremo oriente.
In questa nuova realtà muoveva i primi passi il Bergamasco che, col suo occhio attento, capi da subito come incrementare le sue conoscenze intellettuali. 
Lo ricordo nei veri posti della cultura mitteleuropea, mentre mangiava un panin de porzina da pepi s’ciavo, degustava la cantina di Libero Luganis, si intratteneva  sessualmente  con il vecchio rincoglionito di Siora Rosa in cambio di un paio di caffè corretti. 
La sua prima svolta fu quella di conoscere un suo fraterno amico di infanzia: Il barone De Rinaldi. Con questi intraprese un lungo legame che  spinse seriamente, il Barone a pensare al divorzio. 
E del Barone proprietà,  fu la seconda dimora del nostro eroe. Via Risorta a due passi da Libero, che per la vicinanza del Bergamasco decise ben presto, dopo una militanza più che trentennale, di darsi ad altro. Infatti le armoniose melodie di canzoni popolari triestine, che accompagnavano le dolci notti di Via Risorta, furono, all’improvviso sostituite, dall’audio di pornazzi amatoriali che il nostro Bergamasco era solito visionare in compagnia dei suoi compagni di merenda. Gare a chi sborrava più lontano erano all’ordine del giorno
Posso sostenere, senza paura di smentita, che l’appartamento in via Risorta è stato uno di quei posti, in cui si crea qualcosa, in cui l’energia sprigionata da menti argute e fervide, plasma nuovi modi di vedere le cose. Era facile, magari durante l’ora del te, trovare il nostro amico rapito in alte discussioni con il rabbino Zaccomer sulle possibilità della Honda nel campionato mondiale, o intento col Dal Forno a scovare nuovi modi per cucinare il pollame che costantemente, anche avariato, arrivava in Via Risorta. Più abitualmente le discussioni riguardavano chi dovesse comprare il mocio usato, che solitamente il centro studi del sincrotrone passava a ritirare, per studiare nuove forme di vita batterica sconosciute all’umanità
Furono due anni felici. Poi, quando il bottegher sotto casa , stanco delle continue gettate sulla persiana, minacciò di morte i nostri cari amici, quella che è stata probabilmente l’esperienza culturale più importante del dopoguerra italiano, svanì, per riprendere in un altro appartamento del De Rinaldi. Questa volta a due passi dal lungomare. Appartamento diventato leggenda: Via Diaz 17
Qui il Bergamasco andò a vivere in camera con un mezzosangue, il dottor Pozzati, ma erano frequenti le sue scappatelle in camera del Romandilson,  dove i due stavano svegli nottate intere a sbocchinarsi a vicenda. 
Molte furono le feste di quel periodo. Ed è in questo preciso momento che il Bergamasco scopre le gioie dello studiare. Diventato storia il suo esame di informatica con il Professor Merson. 
Era un esame duro, almeno una persona ogni 100.000 doveva ripeterlo. Il professor Merson faceva con cattiveria, domande impossibili tipo:
Come si accende un computer.
Come si spegne un computer.
Come si riavvia il computer.  
Dopo tre mesi di studio intenso, il Bergamasco era, con sforzi sovraumani, riuscito a capire ed a rispondere alle prime due domande, ma la terza era proprio un qualcosa a lui estraneo, per riavviare il computer infatti, usava un metodo infallibile: collegava al computer un parafulmini che trovava spazio sulla finestra di camera sua, così facendo ogni qualvolta un temporale investiva la città giuliana, il pc del Pozzati si riavviava. Questo portò a tre conseguenze: Merson mise 30 al Bergamasco considerandolo un genio, il computer del Pozzati iniziò ad esprimersi in aramaico, e Romandilson iniziò a trasformarsi in quello che tutti vediamo oggi.
Le vicissitudini continuarono, feste abbiamo detto, che dettavano le regole del divertimento a Trieste, in cui il nostro amico, pur essendo uno dei padroni di casa, se ne sbatteva altamente, sobillando la folla a fare più casino possibile.
Almeno 10 nuovi nati a Trieste nel periodo 1999-2001, sembra siano diretta responsabilità degli incitamenti alla lussuria che il Bergamasco era solito fare durante questi party.