giovedì 29 marzo 2007

NOIA E DIVERTIMENTO

La noia.Anch'io ogni tanto. Ma solo se non lavoro, il lavoro nobilita l'uomo, boiascheo.
Qui a roma è sempre uguale. Ogni tanto lavoro, ogni tanto mi gratto i coglioni. Per divertirmi e farmi passare il tempo, la sera qualche volta prendo lo scooter, faccio un giro, e cerco di trovare un distributore di benzina gestito la notte da un cingalese. A quel punto chiedo 5 euro dibenzina e scendendo dallo scooter cerco di urtare lapompa di benzina facendo in modo che un po' della benza vada addosso al cinghio.Mi scuso, me ne vado, mi accendo una sigaretta, faccio un giro, e dopo una manciata di minuti me ne torno al distributore e gli getto il mozzicone di cicca addosso. Alcuni bruciano, alcuni si erano già asciugati dalla benzina. Il più divertente è stato uno che per salvarsi si è buttato sul tevere, ma non sapendo nuotare l'hanno trovato tre giorni dopo con i polmoni pieni di acqua.
Un bacio amici.

martedì 20 marzo 2007

GRAZIE GINO!!

«Ma che cazzo gli è venuto in mente a D'Alema di parlare di "canali umanitari"? È come metterci l'etichetta! Con che faccia vado a trattare laggiù? Con quella d'uno che sono sette anni che si fa un mazzo così per aiutare gli afghani e adesso, invece, si trova qui a rappresentare proprio il governo d'un Paese che loro odiano? Sia chiaro, eh? Io l'ho detto subito — s'era messo a gridare in cucina —: fuori dai coglioni il Sismi, i Ros e tutti quei signori! Se hanno un capo, che li richiami subito. O noi, o loro».
Testo e musica: Gino Strada. Fonte: Corriere della Sera.
Non voglio soffermarmi sulla grandezza di quest’uomo, VERO EROE dei giorni nostri, sullo straordinario impegno civile e sociale che lo vede ogni giorno protagonista in una lotta impari contro le nefandezze della Guerra. Mi ci vorrebbe una vita. No, voglio solo ringraziarlo. Ringraziarlo perché non solo ha dimostrato che è possibile compiere gesti indelebili come salvare una vita umana trattando con uno dei più feroci esponenti dei Taliban, il mullah Dadullah, senza versare una goccia di sangue, con la sola forza del prestigio internazionale meritatamente conquistatosi con Emergency; non solo è riuscito a “imporre” al proprio governo di mettere da parte “signori” come quelli del Sismi e dei Ros (credo sia la prima volta, e se questi sono i risultati… a voi la sentenza!); non solo è riuscito a far fare (non solo a dire, caro Nanni) al governo di centrosinistra qualcosa di assolutamente di sinistra; no, voglio ringraziarlo perché finalmente, dopo mesi, sono riuscito a trovare un buon motivo per cui mi sono recato alle urne il 9 aprile 2006, piuttosto che andare a puttane come il resto del paese (ma ci sono andato il giorno dopo, tranquilli!)
Non vorrei apparire troppo prosaico, ma riflettete un attimo: riuscite a immaginare gente come Gasparri, Storace, Bondi, Schifani, Calderoli, Borghezio, Buttiglione, Mastella… – che qualcuno provi a dirmi che Mastella è di sinistra! – chiedere a Berlusconi di escludere servizi segreti e reparti speciali da una trattativa così delicata e di assegnarla a un’organizzazione umanitaria?! Per quanta fantasia abbia…
Sorvolando sui dubbi di Gasparri e Calderoli sui «rapporti tra il governo e i talebani», mi congedo col profondo commento del leader del centrodestra («Ringraziamo Dio»), che mi suscita un dubbio atroce: si riferiva al suo unico, diretto superiore o anche per lui, come per me, Gino Strada è un dio?

PERCHE' PRODI MI FA VOMITARE

Perché è brutto, e quindi non esporta adeguatamente il simbolismo sessuale italiano

Perché è vecchio e dovrebbe essere in pensione ormai da anni

Perché uno che scrive una tesi di laurea sul protezionismo industriale è completamente inopportuno ad un mondo globalizzato come il nostro.

Perché deve ancora dirci chi cazzo gli ha detto di Gradoli durante la famosa seduta spiritica nel periodo del sequestro Moro

Perché parla come il peggiore dei Don Camillo italiani

Perché non va a viados come il suo portavoce

Perché non l’ho mai visto fumarsi una tromba in pubblico

Perché non l’ho mai visto ubriaco in pubblico

Perché fa il moralista

Perché era dirigente e poi presidente dell’Iri nel periodo peggiore dell’industria statale

Perché è il cattocomunista per eccellenza

Perché ha una moglie che sembra molto più intelligente di lui

Perché ha gli occhiali e non si mette le lenti a contatto

Perché non dice che in Nigeria l’Eni fa affari con le più brutte persone che l’umanità ricordi e che i sequestratori dei tecnici italiani hanno maledettamente ragione

Perché pur andando in bicicletta ha almeno una decina di chili di troppo

Perché è il presidente di un consiglio dei ministri in cui Mastella fa il Ministro di Grazia e Giustizia

Perché è da vent’anni che tra Italia ed Europa è sempre presidente di qualcosa.

Perché non si ritira sull’Appennino Tosco Emiliano a guardarsi il Tour de France bevendosi un calice di buon lambrusco e mangiandosi un piatto di tagliatelle, smettendola di romperci i coglioni.

Altri Perché?

sabato 17 marzo 2007

LINEA EDITORIALE

Pretendiamo di scrivere meglio degli altri, è vero. Pretendiamo di essere talentuosi, e il talento, si sa, discrimina. Pretendiamo di dire cose più intelligenti degli altri, non perché gli altri siano meno intelligenti di noi, ma perché noi siamo più intelligenti degli altri. Pretendiamo di avere sempre ragione, tranne quando ce l’hanno gli altri. Cioè mai. O sempre, a seconda dei punti di vista. Pretendiamo di poter dire quello che vogliamo senza rendere conto a nessuno, senza che nessuno si scandalizzi, oppure che si scandalizzi pure, ma che non ci rompa… le uova nel paniere. Non pretendiamo che ci capiate. Non è da tutti. Pretendiamo di dire le nostre cazzate spacciandole per perle di saggezze, essendo il confine tra una perla di saggezza e una cazzata talmente labile da risultare spesso invisibile ai nostri occhi! Non pretendiamo che siate politicamente scorretti, irriguardosi, irrispettosi, offensivi come lo siamo noi di tanto in tanto. Pretendiamo di ricevere commenti senza peli sulla… tastiera. E se poi sono politicamente scorretti, irriguardosi, irrispettosi, offensivi come i nostri (o anche più), pazienza! Non sobbalzeremo sulla sedia. Pretendiamo che ci scriviate quello che pensate senza freni inibitori, anche se direte cose stupide, sgrammaticate, prive di nesso logico. Al limite vi correggeremo, vi ricopriremo di insulti, o vi ringrazieremo. Se cercate compassione, commiserazione, misericordia, questo non è il posto che fa per voi! Il buonismo non alloggia in questo blog! Se vi garba, bene, altrimenti… andersen! Non verseremo lacrime d’amaro. E se vi viene voglia di insultarci, fate pure! Anzi, lo pretendiamo!

venerdì 16 marzo 2007

MANGIARE A TRIESTE

Sito com’è a San Giovanni, quartiere popolare tristemente famoso per il suo “Comprensorio”, alias il "grande innovativo asilo per alienati", alias il "magnifico frenocomio civico di Trieste", di certo non vi stupirete di imbattervi in un’avventura come quella che andrete a leggere se un giorno avrete la balzana idea di testare la bravura dell’équipe gastronomica alle dipendenze della famiglia Skuban.
Appena varcate le soglie del ristorante, un’occhiata fugace ed ecco svelato uno degli arcani più reconditi della storia della città, ossia il motivo per cui si è giunti ad appellare il locale “Antica Trattoria Skuban – 1865”: esclusi il mio compagno di sventure ed io e una avvenente cliente sui 30-35 anni il cui mestiere atavico era facilmente intuibile, ciò che si stagliava davanti ai nostri occhi era uno spaccato fedele della società triestina, ovvero un’accozzaglia eterogenea di viscidi individui dal pungente odore di naftalina, probabilmente discendenti diretti di Matusalemme, ma con una pensione lievemente più sostanziosa. Grazie a noi, l’età media passava da 1865 anni a 1864 anni e 8 mesi.
Un cameriere che non brilla certo per la classe si avvicina balbettante al nostro tavolo. Inizia ad elencarci i piatti e ci rendiamo immediatamente conto che l’anda non è l’unica cosa balbettante che ha. Una forma rara di balbuzie ne rende pressoché impossibile la comprensione, nonché discutibile il suo ruolo di interazione con la clientela. Il menù cartaceo si rende assolutamente indispensabile. Infine, la scelta: menù degustazione di cucina triestina e alcuni piatti alla carta.
Intanto la fascinosa mademoiselle di cui sopra sculetta allegramente tra i tavoli, rendendo un po’ più piacevole quella che sarà a tutti gli effetti una delle peggiori esperienze gastronomiche della nostra vita. Il menù degustazione, immutato da quando Trieste era ancora sotto l’impero, inizia con prosciutto cotto di bassa qualità scaldato alla piastra, insalatina tiepida di anatra con cuori di palma e mais, e prosciutto s’ciavo di qualità s’ciava.
Per primo arriva una crespella al basilico, vero monumento del locale, ricordo d’infanzia perché era stato il piatto principe del matrimonio di mio nonno nel 1947. Il bis di primi, i fusi con la gallina di istriana memoria e le trofie all’anatra, a onor del vero, si lasciavano mangiare senza eccessivo sforzo di palato.
Proseguiamo con la iota, famosa minestra triestina a base di crauti, fagioli e patate simile nella preparazione a quella della mensa universitaria di Largo Papa Giovanni.
Per secondo ci propinano uno stinco, che, causa un colpo di genio dello chef, ci viene servito caldo come il Canale della Manica a febbraio, e delle costolette d’agnello (probabilmente morto di stenti in Siberia durante la rivoluzione d’ottobre del ’17) scongelate nell’’89 subito dopo la caduta del Muro di Berlino, grigliate il 1° maggio 2004 in occasione dei festeggiamenti per l’entrata ufficiale della Slovenia nella UE, e riscaldate 10 minuti prima di essere servite alle nostre capricciose papille gustative. Stinco freddo, costolette fredde: a voi l’ardua sentenza!
A coronamento di questi fantastici secondi, che non fanno certo della leggerezza il loro cavallo di battaglia, ci vengono servite delle patate arroste ben arrostite e dei delicatissimi spinaci al burro. Una ventata di freschezza sulla tavola! Meno male che il vino era un rosso di quelli robusti, un ottimo Keber Collio Rosso, che comunque non ci ha impedito di lasciare quasi intatti i contorni, per la felicità delle bestie da cortile della famiglia Skuban.
E per fortuna la aggraziata ancheggiante fanciulla continuava sculettante il suo andirivieni dalla toilette, non si sa se per problemi di flatulenza (improbabile), di eccessiva attività fisiologica (da non escludere) o per intossicazione da cibo (i bookmakers inglesi la danno a 1.20)! Al di là delle motivazioni, il fatto in sé ci portava giovamento, distogliendo per qualche secondo l’attenzione dalle stomachevoli pietanze.
Una nota di merito, però, va data: il dolce, una millefoglie con crema pasticcera, era veramente buono. Come un boletus regius in un cesto di amanitae falloides! Diamo a Cesare quel che è di Cesare.
La grappa, in certi casi vera àncora di salvezza, la scegliamo da un carrello di distillati veramente al top, con etichette pregiate come Montenegro, Averna, Jägermeister, e due grappe istriane. Per fortuna il patron del locale, noto alcolista della città, conserva ancora due gocce di grappa Poli, che ci viene gentilmente offerta, previo pagamento in conto di euro 5 cadauna.
Dopo aver lasciato sul tavolo la modica somma di 111 euro in due, di cui buoni 20 tra caffè, ammazzacaffè e due bottiglie di acqua gassata, per un attimo ci è balenata l’idea di compiere un servigio all’umanità tutta immolandoci all’interno del ristorante come neo bonzi.
All’uscita del locale, sorvolando sulle irripetibili frasi tra il blasfemo e l’irriguardoso che non riuscivamo a trattenere, con la più classica delle botte di… fortuna, troviamo un passaggio in macchina che ci porta velocemente lontano da quella banlieue. Non appena saliti a bordo, il gentile conducente ci rivolge la più ovvia delle domande: “Vi è piaciuto?”. Il momento peggiore della serata! Intuisco appena in tempo l’entità della tragedia che sta per consumarsi, avverto chiaramente che il mio amico sta per abbandonarsi a un turpiloquio contro i 150 anni di storia skubaniana, e con una mossa fulminea mi rivolgo al simpatico conducente: “Tu lavori da Skuban?” – “Sì”, risponde lui col sorrisone stampato sulle labbra, “in cucina!”. Cala il gelo nell’abitacolo. Il mio amico si ghigliottina la lingua.
Non voglio soffermarmi sulle patetiche frasi di circostanza cui abbiamo dovuto ricorrere per salvare le apparenze, né sulla sua soddisfazione di lavorare in un posto prestigioso con tanto di ferie ad agosto e gennaio; vi basti sapere che per mandare giù l’ignobile cena e l’ancor più ignobile coup de théâtre finale, ci siamo fatti due assenzi e tre cuba libre stile peggiore bar di Caracas…


Gusto: 5
Qualità della materia prima: 4
Ambiente: 1,5
Odori: 10+
Servizio: 3